L’ascolto del minore

da | Lug 4, 2025 | News

L’ASCOLTO DEL MINORE

Il minorenne ha diritto a essere ascoltato in tutte le questioni che lo riguardano e in ogni procedimento che lo coinvolga.

Tale diritto è stato progressivamente riconosciuto nel tempo, dapprima a livello internazionale e successivamente anche nell’ambito dell’ordinamento giuridico italiano.

Prima di analizzare nel dettaglio l’istituto giuridico dell’ascolto del minore, è opportuno ripercorrere brevemente le principali fonti internazionali che ne hanno sancito il riconoscimento e contribuito alla sua introduzione nel nostro sistema normativo.

FONTI DI DIRITTO INTERNAZIONALE ED EUROPEO SULL’ASCOLTO DEL MINORE

Un ruolo fondamentale nell’affermazione del diritto all’ascolto del minore è stato svolto dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, adottata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176.

L’approvazione di questa legge ha rappresentato una vera e propria rivoluzione culturale: il minorenne, da soggetto passivo di protezione, viene riconosciuto quale titolare attivo di diritti.

In quanto tale, deve essere messo in condizione di partecipare consapevolmente alle scelte che incidono sulla sua vita, attraverso il diritto a essere ascoltato, informato e rispettato.

A tal proposito, Il minore capace di discernimento ha il diritto di esprimere liberamente la propria opinione su ogni questione che lo riguarda e ha la possibilità di essere ascoltato in ogni procedimento giudiziario o amministrativo che lo coinvolga.

Le opinioni espresse dal minore devono essere debitamente considerate, tenuto conto della sua età e del suo grado di maturità.

Anche in ambito europeo, il principio della partecipazione attiva del minore nelle decisioni che incidono sulla sua vita è stato riaffermato con forza.

Particolarmente rilevante, in tal senso, è la Convenzione europea sull’esercizio dei diritti del fanciullo, adottata a Strasburgo nel 1996 e ratificata in Italia con legge 20 marzo 2003, n. 77.

Tale Convenzione riconosce, al minore capace di discernimento, sia il diritto di esprimere la propria opinione, sia quello di essere preventivamente e adeguatamente informato circa il procedimento in corso e le eventuali conseguenze delle proprie scelte e dei propri comportamenti.

L’EVOLUZIONE NORMATIVA DEL DIRITTO ITALIANO SUL DIRITTO ALL’ASCOLTO DEL MINORE

Alla luce dei principi sanciti a livello internazionale ed europeo, il legislatore italiano ha progressivamente riconosciuto una rilevanza sempre più centrale al diritto del minorenne a essere ascoltato, rafforzandone le garanzie anche nell’ambito del diritto interno.

La prima disposizione di carattere generale introdotta nel nostro ordinamento in materia è l’articolo 315-bis del codice civile, inserito con la Riforma della filiazione (legge 10 dicembre 2012, n. 219, e successivo d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154).

Tale norma stabilisce che “il figlio minore che abbia compiuto i dodici anni, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano”.

La disposizione è collocata nel capo dedicato ai diritti e doveri del figlio e si applica pertanto a tutti i figli, indipendentemente dalla circostanza che siano nati all’interno del matrimonio o da genitori non coniugati.

Si tratta, dunque, di una norma generale e trasversale, che sancisce in via esplicita la centralità del minore nei procedimenti che incidono sulla sua sfera personale e familiare, riconoscendogli un ruolo attivo, nel rispetto della sua età e capacità di discernimento.

Il principio espresso dall’art. 315 bis del c.c. è stato successivamente ripreso e rafforzato dalla Riforma Cartabia, che, con l’obiettivo dichiarato di valorizzare l’interesse superiore del minorenne, lo ha inserito anche nel codice di procedura civile.

In particolare, il nuovo articolo 473-bis.4 c.p.c., applicabile a tutti i procedimenti in materia di persone, minorenni e famiglie instaurati a decorrere dal 28 febbraio 2023, prevede il diritto del minore di età, che abbia compiuto 12 anni, e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, a essere ascoltato nei procedimenti in cui devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano.

LE MODALITÀ DI ASCOLTO DEL MINORE

La normativa di riferimento

Per tutti i procedimenti instaurati a decorrere dal 28 febbraio 2023, le modalità di ascolto del minorenne sono disciplinate dall’articolo 473-bis.5 del codice di procedura civile.

Per i procedimenti avviati prima di tale data continua invece ad applicarsi la disciplina previgente, contenuta nell’articolo 336-bis del codice civile.

Secondo la nuova disposizione processuale, l’ascolto del minore deve avvenire in modo tale da garantire la serenità e la riservatezza dell’incontro, tenendo conto della sua età, del grado di maturità e della natura del procedimento.

Chi può ascoltare il minore?

Secondo la nuova disciplina introdotta dalla Riforma Cartabia, l’ascolto del minorenne può essere effettuato esclusivamente dal giudice.

Quest’ultimo può farsi assistere da un esperto o da un ausiliario, ma non può delegare l’adempimento ad altri soggetti, neppure ai giudici onorari, come invece era consentito nella disciplina previgente.

Il legislatore ha inoltre previsto che, in presenza di più minorenni, ciascuno di essi venga ascoltato separatamente, al fine di garantire un ambiente più sereno e favorevole all’espressione libera delle proprie opinioni.

Quando viene disposta l’audizione del minore?

L’articolo 473-bis.5 c.p.c. stabilisce che l’audizione del minorenne debba essere organizzata in modo da arrecargli il minor turbamento possibile.

A tal fine, il giudice deve fissare l’udienza in orari compatibili con gli impegni scolastici del minore e, ove possibile, svolgerla in ambienti idonei e adeguati alla sua età, anche al di fuori del tribunale, se ciò è ritenuto più adatto a garantire un contesto sereno e rispettoso delle sue esigenze.

Chi può assistere all’audizione?

In base all’articolo 473-bis.5 del codice di procedura civile, la presenza di terzi durante l’audizione del minorenne è ammessa solo previa autorizzazione del giudice.

Genitori, difensori e curatore speciale possono presenziare solo se ciò non compromette la serenità dell’ascolto e se sono adottate misure idonee a tutelare il minore, come l’utilizzo di vetri a specchio e impianti citofonici.

Queste cautele sono volte a garantire al minore un ambiente protetto, in cui possa esprimersi liberamente e senza condizionamenti, evitando che la presenza di adulti, anche se familiari, possa inibire o influenzare le sue dichiarazioni.

È previsto l’uso di strumenti di registrazione durante l’audizione?

Sì, per garantire la correttezza dello svolgimento dell’audizione e prevenire eventuali contestazioni o dubbi successivi, l’articolo 473-bis.5 c.p.c. prevede la videoregistrazione dell’ascolto del minorenne.

Tale misura consente di documentare integralmente il contenuto e le modalità dell’audizione, assicurando così trasparenza, tutela del minore e rispetto delle garanzie procedurali.

Cosa deve sapere il minore prima dell’ascolto da parte del giudice?

È fondamentale che il minorenne, in conformità a quanto previsto dagli accordi internazionali, sia adeguatamente informato sulla natura del procedimento che lo riguarda e sugli effetti dell’audizione.

Spetta al giudice, infatti, fornire tali informazioni preliminari come primo atto dell’ascolto, chiarendo al minore in quale ambito si colloca l’audizione, le ragioni della sua partecipazione al giudizio, le richieste formulate dai genitori e le decisioni che saranno adottate nel corso del procedimento.

Tali spiegazioni devono essere fornite con un linguaggio semplice e chiaramente comprensibile, adeguato all’età, al livello di maturità e alle competenze linguistiche del minore.

Il minorenne deve essere consapevole di ciò che sta accadendo e comprendere le conseguenze delle dichiarazioni che renderà. Deve sapere che le opinioni espresse saranno tenute in considerazione nella decisione finale, ma non avranno valore vincolante e potranno anche essere disattese.

Cosa succede se il minore rifiuta di incontrare uno o entrambi i genitori?

Sono previste disposizioni specifiche per i casi in cui il minorenne si rifiuti di incontrare uno o entrambi i genitori. In tali situazioni, il giudice è tenuto a disporre senza indugio l’ascolto del minore, considerata l’urgenza di adottare misure volte al tempestivo ripristino del legame familiare.

Tali cautele devono essere applicate anche qualora vengano allegati o segnalati comportamenti di un genitore idonei a ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo tra il figlio e l’altro genitore, o a compromettere la conservazione di relazioni significative con gli ascendenti e i parenti di ciascun ramo genitoriale.

La norma, concepita per garantire l’effettività del diritto prioritario del minorenne a vivere in un contesto familiare, mira a superare tutte quelle situazioni in cui eventuali ritardi processuali potrebbero compromettere il rapporto affettivo tra il minore e i suoi familiari.

Quando il giudice non procede all’ascolto del minorenne?

Ai sensi dell’articolo 473-bis.4 del codice di procedura civile, l’ascolto del minorenne non viene disposto qualora risulti in contrasto con il suo interesse o sia manifestamente superfluo, circostanze che devono essere adeguatamente motivate nel provvedimento del giudice.

L’ascolto è inoltre escluso nei casi di impossibilità fisica o psichica del minorenne, nonché quando questi manifesti la volontà di non essere sentito.

Sempre con l’obiettivo di evitare turbamenti al minore, la legge prevede che, nei procedimenti relativi allo scioglimento del rapporto genitoriale, qualora i genitori abbiano raggiunto un accordo sulle condizioni di affidamento dei figli, il giudice proceda all’ascolto soltanto se lo ritenga necessario.

L’ASCOLTO DEL MINORE INFRADODICENNE

L’ascolto, inoltre, non è previsto quando il giudice ritenga che il minorenne non sia capace di discernimento.

La legge, sia in generale agli artt. 315-bis c.c. e 473-bis.4 c.p.c., che nello specifico nelle varie disposizioni, distingue tra il minorenne che ha compiuto 12 anni, per il quale si presume la capacità di discernimento e il conseguente diritto all’ascolto, e il minore di età inferiore, rispetto al quale la decisione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice.

In tali casi, il giudice dovrà valutare l’età, il grado di maturità e la capacità di discernimento del minore, intesa dalla giurisprudenza come una “competenza specifica” fondata su capacità cognitive e relazionali. Si fa riferimento, in particolare, alla capacità del minore di comprendere ciò che è utile per sé, di valutare i propri bisogni e di adottare strategie utili per il loro soddisfacimento, nonché alla possibilità di assumere decisioni autonome, libere da condizionamenti esterni (Cass., ord. n. 9691 del 2022).

LA PRESUNZIONE DI NON DISCERNIMENTO DELL’INFRADODICENNE

Come anticipato nel paragrafo precedente, il legislatore, nel prevedere che deve essere ascoltato il minorenne che abbia compiuto i dodici anni e anche quello di età inferiore, ove capace di discernimento, ha fissato una soglia anagrafica oltre la quale si presume acquisita una sufficiente maturità per l’esercizio del diritto all’ascolto.

Con la recentissima ordinanza n. 4595 del 21 febbraio 2025, la Corte di Cassazione ha chiarito che tale presunzione opera in senso bilaterale: così come al di sopra della soglia dei dodici anni si deve presumere la presenza di discernimento, al di sotto della medesima soglia si deve, specularmente, presumere la sua assenza.

Tale presunzione legale di “non discernimento” può essere richiamata anche implicitamente dal giudice, in assenza di allegazioni o elementi contrari forniti dalle parti.

Essa, tuttavia, non ha carattere assoluto e può essere superata attraverso un accertamento in concreto, fondato su quanto risulta dagli atti di causa, sulle deduzioni delle parti e su fatti notori.

È fatto notorio, infatti, che il processo di maturazione del minore sia graduale: si sviluppa inizialmente attraverso la capacità di comunicare verbalmente, per poi evolvere nella facoltà di elaborare concetti, formulare giudizi e compiere scelte autonome. Ciò consente di distinguere tra i minori prossimi al compimento del dodicesimo anno d’età, per i quali la presunzione si affievolisce, e quelli di età significativamente inferiore, per i quali la presunzione si rafforza.

In quest’ultimo caso, per superare la presunzione di non discernimento sarà necessario che emergano, dagli atti del giudizio, molteplici elementi univocamente orientati in senso contrario.

SUGGERIMENTO PRATICO

Qualora un genitore desideri che il proprio figlio, seppur di età inferiore ai dodici anni, venga ascoltato dal giudice, è opportuno allegare al fascicolo processuale una documentazione dettagliata e precisa che attesti la maturità e la capacità di discernimento del minore.

A titolo esemplificativo e non esaustivo, possono essere molto utili:

Relazioni scolastiche che attestino la capacità del bambino di comprendere situazioni complesse, esprimere opinioni personali o affrontare difficoltà in modo autonomo;

Pareri di uno psicologo o di altro professionista, che descrivano uno sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale adeguato (o superiore) all’età anagrafica;

Relazioni dei servizi sociali o dichiarazioni dell’altro genitore che confermino la maturità del minore.

Più gli elementi sono specifici e documentati, maggiori sono le probabilità che il giudice superi la presunzione di non discernimento e decida di procedere all’ascolto, anche se il bambino non ha ancora compiuto dodici anni.

IN CONCLUSIONE

L’ascolto del minore è uno strumento essenziale per assicurare che le decisioni che lo riguardano siano realmente orientate al suo interesse.

Anche quando il minore non ha ancora compiuto dodici anni, è possibile richiedere l’audizione, a condizione che siano presentati elementi concreti e documentati che ne attestino la capacità di discernimento.

La richiesta del genitore, se adeguatamente motivata e supportata da prove, può influenzare in modo significativo la decisione del giudice in ordine all’opportunità di disporre l’audizione del minore.

Avvocato Cristiano Galli

 

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L’ascolto del minore può assumere un ruolo determinante nelle decisioni relative al suo collocamento, soprattutto quando il minore ha raggiunto un’età e un grado di maturità tali da consentirgli di esprimere in modo consapevole la propria volontà, le proprie esigenze e le proprie aspirazioni. Se desideri approfondire questo aspetto, ti invitiamo a leggere l’articolo del nostro blog Il collocamento dei minori: una guida completa.

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