SEPARAZIONE GENITORI NON SPOSATI: COME FUNZIONA AFFIDAMENTO E MANTENIMENTO DEI FIGLI
Sempre più frequentemente i clienti si rivolgono al nostro Studio chiedendo chiarimenti riguardo alla separazione nel contesto delle coppie di fatto con figli minori.
La domanda che spesso ci viene posta è: “Siamo una coppia di fatto, genitori di minori, e desideriamo interrompere la nostra convivenza. Possiamo separarci?”.
Prima di rispondere a questa domanda occorre però fare un pò di chiarezza.
NON SI PUÒ PARLARE DI “SEPARAZIONE”
Innanzitutto occorre da subito precisare che in caso di genitori non sposati che hanno dei figli la legge non prevede la possibilità di ricorrere alla procedura di separazione.
Quest’ultima procedura, infatti, è riservata soltanto a coloro che hanno contratto matrimonio.
Quindi tecnicamente non si può parlare di separazione.
In ogni caso, a seguito della cessazione della convivenza, è opportuno che i genitori formalizzino una regolamentazione dei rapporti con i figli.
DIFFERENZE CON LA SEPARAZIONE
Le più importanti differenze rispetto alla separazione sono le seguenti:
– La convivenza può cessare per decisione comune dei conviventi o di uno solo di essi, in qualsiasi momento e senza particolari formalità;
– Il giudice non deve accertare il presupposto dell’irreversibilità della crisi, come invece accade per i coniugi;
– non è previsto un mantenimento personale per il convivente economicamente più debole: quest’ultimo non può agire in giudizio per ottenerlo, salvo che le parti abbiano sottoscritto un contratto di convivenza che preveda un sostegno economico (periodico o una tantum);
– non trova applicazione l’istituto dell’addebito: l’attribuzione di colpa per la fine della relazione spetta solo ai coniugi, in quanto legati dagli obblighi reciproci nascenti dal matrimonio (art. 143 c.c.).
SOMIGLIANZE CON LA SEPARAZIONE
Se la relazione coinvolge figli minori valgono le stesse regole previste per la separazione coniugale.
La disciplina che regola i rapporti con i figli minorenni, maggiorenni non economicamente autosufficienti o figli con disabilità, a seguito di separazione, divorzio o nullità del matrimonio, si applica infatti anche in caso di rottura della convivenza ( vedasi artt. 337-bis e ss. c.c.).
In particolare, occorre:
– definire l’affidamento dei figli (di regola condiviso, salvo casi eccezionali in cui l’interesse del minore lo sconsigli);
– stabilire l’assegnazione della casa familiare;
– decidere il collocamento del minore e il calendario di permanenza presso ciascun genitore;
– determinare un contributo al mantenimento, proporzionato alle capacità economiche dei genitori e alle esigenze dei figli;
– disciplinare le spese straordinarie (istruzione, attività sportive, spese mediche, ecc.);
– regolare la fruizione dell’assegno unico universale, che spetta ad entrambi i genitori ma può essere attribuito anche a solo uno di essi;
– rispettare in ogni caso il principio di bigenitorialità, che assicura al minore il diritto a un rapporto stabile, equilibrato e continuativo con entrambi i genitori.
ASPETTI DA REGOLAMENTARE
Come evidenziato nel paragrafo precedente, anche nel caso di genitori non sposati la cessazione della convivenza richiede di definire chiaramente alcuni aspetti fondamentali relativi ai figli al fine di garantire stabilità, continuità e tutela del loro benessere.
Analizziamo questi aspetti dettagliatamente:
Affidamento
Di regola, l’affidamento è condiviso: entrambi i genitori mantengono la responsabilità sulle decisioni di maggiore importanza riguardanti i figli (educazione, istruzione, salute, residenza abituale).
Se desideri approfondire il tema dell’affidamento condiviso, ti invitiamo a leggere l’articolo del nostro blog Affidamento condiviso.
Solo in circostanze particolari, quando l’affidamento congiunto risulti pregiudizievole per il minore, il giudice può disporre l’affidamento esclusivo in favore di uno dei genitori, riconoscendo comunque all’altro il diritto–dovere di vigilanza e informazione.
Se desideri approfondire il tema dell’affidamento esclusivo e comprendere in quali casi può essere richiesto, ti invitiamo a leggere l’articolo del nostro blog Affidamento esclusivo.
Assegnazione della casa familiare
L’assegnazione della casa familiare è un aspetto di grande rilievo, in quanto incide direttamente sulla stabilità dei figli dopo la cessazione della convivenza.
La casa familiare viene di norma assegnata al genitore collocatario, ossia quello presso cui il minore vive prevalentemente, così da garantire continuità di vita e di relazioni.
L’assegnazione non attribuisce la proprietà dell’immobile, ma un diritto di godimento destinato a cessare quando vengono meno le esigenze abitative dei figli (ad esempio, al raggiungimento della loro indipendenza economica).
In caso di proprietà comune o intestazione a uno solo dei genitori, il giudice valuta comunque l’interesse preminente del minore, che prevale su quello patrimoniale dei genitori.
Se vuoi avere maggiori informazioni sul tema dell’assegnazione della casa familiare, ti invitiamo a leggere il nostro articolo Assegnazione della casa familiare: una guida completa.
Collocamento del minore
Il collocamento individua la residenza abituale del figlio e stabilisce la ripartizione dei tempi di permanenza con ciascun genitore, tenendo conto delle esigenze scolastiche, relazionali e quotidiane.
In particolare, si distinguono due modelli:
– Collocamento prevalente: il minore vive in via principale con uno dei genitori, mentre all’altro spetta un diritto di visita organizzato e ampio (giorni infrasettimanali, weekend alternati, periodi di vacanza). È la soluzione più diffusa, poiché assicura stabilità abitativa e continuità scolastica.
– Collocamento paritario: il tempo viene suddiviso in modo pressoché equivalente tra entrambi i genitori (ad esempio una settimana ciascuno o alternanze settimanali). Questa soluzione è praticabile solo se vi è collaborazione genitoriale e le abitazioni si trovano a breve distanza, così da evitare disagi al figlio.
In ogni caso, il collocamento deve sempre rispettare il principio di bigenitorialità, che garantisce al minore rapporti continuativi con entrambi i genitori.
Se desideri approfondire il tema del collocamento dei minori, puoi consultare il nostro articolo Il collocamento dei minori: una guida completa.
Contributo al mantenimento
Il mantenimento dei figli è un dovere di entrambi i genitori e deve essere proporzionato alle rispettive capacità economiche, al tenore di vita goduto dal minore durante la convivenza e alle sue esigenze concrete.
Si distinguono:
– spese ordinarie, che comprendono vitto, alloggio, abbigliamento, trasporti quotidiani, attività scolastiche di base;
– spese straordinarie, che riguardano cure mediche specialistiche, attività sportive agonistiche, corsi di formazione, viaggi di istruzione, spese scolastiche non ricorrenti.
Il giudice (o l’accordo tra le parti) stabilisce la misura del contributo al mantenimento e le modalità di ripartizione delle spese straordinarie.
Se vuoi conoscere come si calcola il contributo al mantenimento dei figli, puoi leggere il nostro articolo Calcolo assegno di mantenimento figlio.
Assegno unico universale
Un ulteriore aspetto da regolare è l’assegno unico universale per i figli a carico, introdotto dal D.Lgs. n. 230/2021. Esso spetta a entrambi i genitori, indipendentemente dallo stato civile (coniugati, conviventi, separati).
Può essere corrisposto:
– in parti uguali a ciascun genitore;
– oppure interamente a uno solo di essi, di norma il genitore collocatario, purché le somme siano destinate esclusivamente al mantenimento del minore.
Chiarire la gestione dell’assegno unico è fondamentale per evitare conflitti e garantire che le risorse siano impiegate nell’interesse del figlio.
Per saperne di più sull’assegno unico, ti invitiamo a consultare l’articolo del nostro blog dedicato A chi spetta l’assegno unico in caso di separazione?.
COME SI PUÒ REGOLAMENTARE LA RESPONSABILITÀ GENITORIALE DOPO LA CONVIVENZA?
La regolamentazione della responsabilità genitoriale per i figli di genitori non sposati può avvenire secondo due modalità principali, ciascuna con caratteristiche e vantaggi specifici:
– Attraverso un accordo tra i genitori
I genitori possono definire congiuntamente tutte le questioni relative ai figli, quali affidamento, collocamento, contributo al mantenimento, spese straordinarie e gestione dell’assegno unico.
L’accordo può essere formalizzato con l’assistenza di avvocati, in modo da garantire che tutti gli aspetti giuridici siano rispettati e che l’accordo sia valido anche in sede giudiziale, qualora si renda necessario.
– Attraverso un’azione giudiziale
Qualora i genitori non riescano a trovare un accordo, è possibile rivolgersi al Tribunale competente per ottenere un provvedimento giudiziale che disciplini tutti gli aspetti della responsabilità genitoriale.
ITER GIUDIZIALE
Con la riforma Cartabia (L. 206/2021) è stato introdotto il rito unico familiare, disciplinato dall’art. 473-bis del Codice di Procedura Civile. Questo rito riguarda tutti i procedimenti relativi a persone, minorenni e famiglia e ha l’obiettivo di semplificare e rendere più rapido e coerente il trattamento delle controversie familiari.
Il rito unico non riguarda solo i coniugi: si applica anche ai genitori conviventi non sposati che decidono di interrompere la convivenza e hanno figli minori. Pur non potendo formalmente “separarsi”, questi genitori possono rivolgersi al tribunale per regolare tutti gli aspetti relativi ai figli, come affidamento, collocamento, mantenimento, spese straordinarie e gestione dell’assegno unico universale.
In pratica, il rito unico prevede due modalità principali:
1) Ricorso giudiziale ordinario
Questa modalità è indicata quando i genitori non riescono a trovare un accordo. In questo caso, uno dei due genitori presenta un ricorso al tribunale, ex art. 473-bis, comma 12 c.p.c, esponendo la situazione familiare e le proprie proposte relative ai figli.
Il giudice convoca le parti a un’udienza di comparizione, durante la quale si cerca di raggiungere una soluzione condivisa. Se la conciliazione non è possibile, il giudice emette un provvedimento vincolante, stabilendo tutti gli aspetti riguardanti i figli secondo l’interesse del minore. Questi provvedimenti hanno efficacia esecutiva, garantendo che le decisioni possano essere effettivamente applicate.
2) Ricorso su domanda congiunta
Quando i genitori hanno già raggiunto un accordo, possono presentare un ricorso congiunto ai sensi dell’art. 473-bis, comma 51 c.p.c.
L’accordo scritto deve riguardare affidamento, collocamento, mantenimento, spese straordinarie e gestione dell’assegno unico.
Il giudice verifica che l’accordo sia conforme all’interesse del minore e, se tutto è in regola, approva l’accordo trasformandolo in provvedimento vincolante ed esecutivo. Anche in questo caso, se necessario, può essere fissata un’udienza di comparizione per le parti e, se possibile, per i figli.
NEGOZIAZIONE ASSISTITA
Oltre al ricorso giudiziale, la legge prevede la possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita (artt. 6 e ss. D.L. 132/2014), che consente ai genitori di definire consensualmente tutte le questioni relative ai figli, senza ricorrere immediatamente al tribunale.
L’accordo raggiunto tramite negoziazione assistita, se sottoscritto da entrambe le parti e dai loro avvocati, deve essere valutato dal Pubblico Ministero nel caso vi siano figli minori, per accertarne la conformità all’interesse del minore. Una volta approvato, l’accordo ottiene efficacia vincolante ed esecutiva.
SUGGERIMENTO PRATICO
Prima di ricorrere al tribunale, è sempre consigliabile cercare di trovare un accordo tra i genitori con l’assistenza dei propri avvocati, definendo in modo chiaro affidamento, collocamento, contributo al mantenimento e gestione dell’assegno unico.
Se un accordo diretto non fosse possibile, una buona alternativa può essere la mediazione familiare, che permette di risolvere le questioni in modo consensuale e meno conflittuale.
Qualora tutte le altre soluzioni consensuali risultino inefficaci, è opportuno rivolgersi al Tribunale, tramite il rito unico familiare ex art. 473-bis c.p.c., affinché il giudice disponga provvedimenti vincolanti nell’interesse del minore.
CONCLUSIONI
Anche per i genitori non sposati, la cessazione della convivenza richiede di regolamentare in modo chiaro affidamento, collocamento, mantenimento, spese straordinarie e assegno unico, sempre nell’interesse dei figli.
Un accordo completo e dettagliato su questi aspetti consente di tutelare in primis il benessere dei figli e, in ultima istanza, di ridurre il rischio di potenziali conflitti tra i genitori.
Avvocato Cristiano Galli
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